LA MAPPA DI PIRI REIS

« Older   Newer »
  Share  
arconte73
view post Posted on 3/12/2009, 21:12





Così come nessuno oggi crede che siano mai esistiti gli strani abitanti della regione del lago Baikal che vediamo in questa immagine, tratta dal trecentesco "Le Livre Des Merveilles", nessuno dovrebbe prendere per testimonianze geografiche assolutamente certe e credibili le antiche mappe di navigazione cinquecentesche, redatte prima della scoperta di precisi metodi di rappresentazione cartografica e soprattutto del modo di calcolare in modo accurato la Longitudine.
Le carte geografiche disegnate fino a quel periodo spesso si basavano su sistemi di rappresentazione simbolici, potevano mettere il nord in basso e il sud in alto, o Gerusalemme al centro del mondo, o enfatizzare la grandezza di una nazione a spese di altre meno importanti. Inoltre in moltissimi casi le mappe non derivavano da osservazioni dirette ma da altre mappe più o meno adattate alle pretese di.nazioni come Spagna e Portogallo, in contrasto tra di loro per il dominio sulle terre scoperte di recente. A questo aggiungiamo il fatto che fino al 1507 si pensava che quelle nuove terre, toccate prima da Colombo e poi da Vespucci, facessero parte dell'Asia, non di un nuovo continente. Per questo motivo certe mappe univano parti dell'estremo oriente conosciuto con parti delle nuove terre da poco esplorate e a queste venivano spesso aggiunte "terre incognite" a sud, per richiamarsi all'idea del mondo dei filosofi dell'antica grecia riportati in auge nel rinascimento. Nelle stesse carte geografiche poi vengono spesso rappresentati altri luoghi mitici, come il "Regno del Prete Gianni", l'isola di Brazil, il Paradiso Terrestre, la Torre di Babele o l'Isola di San Brandano.
Se però provate a fare una ricerca in internet inserendo le parole "Piri Reis map" troverete una quantità di siti più o meno dedicati ai "misteri" in cui si afferma che questa mappa, datata "anno islamico 919" (il nostro 1513), conterrebbe una rappresentazione precisa delle coste dell'Antartide, all'epoca ancora sconosciuta. Lo stesso dicasi per altre famose mappe, quelle di Orontius Finaeus del 1531 e di Philippe Buache del 1739. Queste mappe, secondo Charles Hapgood, autore di "Mappe degli antichi re del mare - Le prove di una civiltà avanzata nell'era glaciale", conterrebbero la rappresentazione precisa dell'Antartide prima della glaciazione. Lo stesso viene sostenuto da Erich Von Däniken in "Chariots of Gods" e da Flavio Barbiero in "Una civiltà sotto ghiaccio". Chi però in anni recenti ha diffuso maggiormente queste teorie è il solito Graham Hancock nel suo best seller fanta-archeologico "Impronte degli Dei" (pagg. 9-35).
Secondo molti appassionati dei misteri le mappe vennero redatte a partire da raffigurazioni antichissime, forse risalenti alla mitica Atlantide, oppure vennero disegnate a partire da visioni possibili solo dall'alto di aerei o astronavi extraterrestri, o basate su fotografie. Questo perchè le conoscenze scientifiche dell'epoca non avrebbero potuto permettere una simile corrispondenza con la realtà.
Sia Hapgood che Hancock affermano che la raffigurazione del continente antartico in queste mappe sarebbe precisissima e, indicando fiumi, laghi e montagne, farebbe supporre che la redazione di quell'antichissimo modello cartografico sarebbe avvenuta 15.000 anni fa. Inoltre ipotizzano che questa rilevazione sarebbe stata possibile solo utilizzando un satellite sospeso ad altissima quota sopra... l'Egitto. Il solito Egitto dei misteri.
La spiegazione che cercherò di dare in questa pagina è molto più semplice.

La mappa dell'ammiraglio turco Piri Re'is, scoperta nel 1929 quando il vecchio Palazzo Imperiale di Istambul venne trasformato in museo, è solo una parte della mappa originale, che raffugurava tutto il mondo conosciuto. In questa porzione superstite si vedono l'oceano Atlantico, le coste occidentali dell'Europa e dell'Africa e quelle orientali dell'America. E' datata "anno islamico 919" quindi il nostro 1513 (ma venne presentata al Sultano nel 1517).
Secondo quanto dichiarato dal suo autore è stata redatta a partire da "venti carte più antiche e di otto mappamondi". È molto probabile che Reis si sia servito anche dei resoconti degli esploratori del Nuovo Mondo, soprattutto Portoghesi perchè costoro vengono continuamente citati nelle note sulla mappa. Le note sono state trascritte per la prima volta dallo studioso turco Bay Hasan Fehmi e pubblicate da Yusuf Akcura nel saggio "Piri Reis Haritasi" (1935), e poi ripubblicate dalla studiosa turca Ayse Afetinan nel 1954 in "The oldest map of America" (segnalo anche un sito italiano che contiene la traduzione delle note, a cura di Marco Capurro). È da notare che pur essendo, questa e altre mappe, piene di testi e di didascalie chiare e leggibilissime, gli autori che le usano come prove per le tesi fanta-archeologiche citano solo pochissime frasi.
Nella carta di Piri Reis l'unica parte abbastanza particolareggiata dell'America del Sud è la costa dell'attuale Brasile, ma il Rio delle Amazzoni viene disegnato in due diverse posizioni. Altre zone invece, che pure già erano state esplorate come i Caraibi, appaiono disegnate in modo molto grossolano e con evidenti errori di proporzioni e orientamento. In una nota Piri Reis afferma di essersi basato anche sulle mappe di Cristoforo Colombo e questo pare confermato dalla particolare (e sbagliata) configurazione data alla zona dei Caraibi. In questa parte della mappa infatti vediamo disegnata quella parte del continente americano in un modo incongruo, con una grande isola disposta lungo l'asse nord-sud, che è difficilmente identificabile con Cuba anche ruotando la mappa di 90 gradi in senso antiorario.

In quell'epoca infatti si riteneva che la Terra fosse molto più piccola di come è in realtà e l'Asia veniva immaginata al di là dell'Oceano Atlantico, non molto lontana dalle isole Azzorre e dalla leggendaria isola di San Brandano (che compare anche nella mappa di Reis pur non essendo mai esistita se non nei racconti sulle vite dei santi). Proprio per questi aspetti la mappa di Piri Reis è un documento importantissimo, perchè contiene preziose informazioni sulle "mappe di Colombo", una delle quali probabilmente venne disegnata da Toscanelli.
All'epoca di Piri Reis l'America del Sud era già stata esplorata prima da Amerigo Vespucci e poi da Binot Paulmier de Gonneville. Vespucci effettuò due viaggi nel nuovo continente tra il 1499 e il 1502 spingendosi fino al 50° parallelo, non molto distante dallo stretto di Magellano e dalla Terra del Fuoco; non è sicuro invece che abbia partecipato a un terzo viaggio tra il 1503 e il 1504. De Gonneville invece rimase nelle terre a sud del Brasile tra il 1503 e il 1505 e al ritorno in Francia portò con sè un indigeno che venne chiamato Essomericq.

Anche dopo i viaggi di Amerigo Vespucci, che per primo si rese conto di trovarsi in un nuovo continente e non in Asia, verrà denominata "America" solo quella del Sud. Per diversi anni si continuò infatti a ritenere che le nuove terre scoperte a nord dei Caraibi facessero parte dell'Asia, e che il Giappone (Cipango) si trovasse poco a Ovest di Cuba, come possiamo osservare nei mappamondi del primo '500, ad esempio quelli di Giovanni Contarini e Francesco Rosselli. Per questi motivi la mappa di Piri Reis, compilata a partire da mappamondi più vecchi assieme a qualche nuova conoscenza di terza mano, è una raffigurazione delle nuove terre che si affacciano sull'Oceano Atlantico molto approssimativa. Perfino mappe risalenti all'inizio del secolo (Juan de La Cosa, 1500; Cantino, 1502) sono più precise nel disegno e nell'orientamento di isole come Cuba, Giamaica e PuertoRico.
L'unica parte dell'America che probabilmente Piri Reis ha ricopiato da una carta abbastanza accurata è la costa dell'attuale Brasile, ma se sovrapponiamo le due linee costiere possiamo facilmente renderci conto che la corrispondenza è solo apparente.

Il particolare che entusiasma gli appassionati del mistero è però l'estremità inferiore della mappa di Piri Reis, che viene identificata con l'Antartide.Molti affermano che è possibile riconoscere la Terra della Regina Maud e altri territori di quel continente che non sarebbero stati esplorati se non secoli dopo. Purtroppo costoro, Hancock compreso, sostengono questa ipotesi senza fare nessun confronto cartografico o verifica, solamente prendendo per buone le affermazioni di Charles Hapgood. Hancock in particolare, nelle note dei primi due capitoli di "Impronte degli Dei", quelli in cui tratta delle carte geografiche, non segnala nessun libro sulla storia della cartografia, dimostrando così di non aver nemmeno fatto un tentativo di informarsi, e si limita a citare solamente il lavoro di Hapgood.

.
Inoltre nessuno di loro spiega, se davvero la carta di Reis è così precisa come sostengono e se quella raffigurata in basso è l'Antartide, che fine hanno fatto i 2000 chilometri di costa dal Brasile alla Terra del Fuoco (tutta l'Argentina), e come mai questa strana Antartide è attaccata al Brasile invece che trovarsi a più di 4000 chilometri a sud.
Basta osservare con attenzione quella parte di mappa per accorgersi, anche senza essere esperti cartografi, che vi è rappresentata solo l'estremità del continente sudamericano, nei modi approssimativi che permettevano le scarse conoscenze dell'epoca. La raffigurazione è deformata, piegata a destra, molto probabilmente per adattarsi alla particolare forma della pergamena. Inoltre le carte geografiche in quell'epoca servivano anche come strumenti politici, disegnare una terra da una parte o dall'altra del meridiano chiamato "la Raya" che faceva da confine tra l'area di influenza della Spagna e del Portogallo, poteva servire ad accampare pretese di possesso dell'una o dell'altra potenza marinara. Piri Reis nelle note cita continuamente le mappe dei portoghesi ai quali avrebbe fatto comodo che la costa dell'America del sud sotto il Brasile curvasse decisamente a destra, verso l'Africa, in modo da rientrare nei 180° assegnati al Portogallo dal trattato di Tordesillas del 1494.

Non dobbiamo dimenticare inoltre che la Longitudine sarebbe stata calcolata in modo preciso solo nel secolo successivo per cui nelle carte venivano usate notevoli approssimazioni e stili diversi da un tipo di mappa all'altro.
Per identificare i luoghi descritti nella parte sud della mappa di Piri Reis possiamo ruotare di 90 gradi in senso antiorario una carta del sudamerica. Teniamo presente comunque che mancando precisi strumenti di misurazione il disegno di queste coste appena scoperte avveniva sulla base dei primi resoconti di viaggio che parlavano di promontori, isole, estuari di fiumi, golfi... Le carte quindi contenevano informazioni e dati geografici non ancora correttamente calcolati e messi in proporzione l'uno con l'altro.

Si riconoscono però nella carta di Piri Reis, pur deformati, alcuni particolari come il golfo San Matias e la penisola di Valdes, e l'estremità potrebbe essere la Terra del Fuoco. Volendo azzardare si potrebbe perfino identificare l'imboccatura dello Stretto di Magellano, con il caratteristico piccolo golfo.
Se osserviamo bene l'estremità inferiore a destra, quella che dovrebbe rappresentare l'Antartide, si vede il disegno di un serpente, e nella nota di Piri Reis si legge: "Questa terra è disabitata. Tutto è rovina e si dice che siano stati trovati grossi serpenti. Per questa ragione gli infedeli Portoghesi non sono sbarcati in queste terre che si dice siano molto calde". Certamente una descrizione del genere non ha niente a che fare con l'Antartide.

Nella mappa di Piri Reis, in basso, compare un arcipelago con un'isola più grande delle altre, chiamata "il de Sare". Tra le isole si trova la dicitura "Buadalar issizdir, ama bahar coktur", ovvero "Queste isole sono deserte ma la primavera qui dura a lungo". Potrebbe trattarsi di una primitiva rappresentazione delle isole Falkland o Malvinas (la più grande delle quali si chiama Soledad), e può sembrare un particolare strano, perchè il piccolo arcipelago venne "ufficialmente" scoperto nel 1592. Ma un gruppo di isole nella stessa posizione è visibile anche nella carta del Circolo Antartico di Pedro Reinel, del 1522. Anche questa carta si trova a Istambul, nella Biblioteca del Museo Topkapi.

Particolare della carta del Circolus Antarticus di Pedro Reinel, 1522 (Istambul, Topkapi)
Possiamo inoltre osservare un gruppo di isole al largo del 50° parallelo già nella carta di Martin Waldseemuller del 1507. È quindi possibile, pur non essendo documentato ufficialmente, che qualcuno dei navigatori che costeggiarono l'estremità sud dell'America nel primo decennio del '500 abbia effettivamente avvistato un arcipelago e ne abbia fatto menzione. In certe pagine web relative alla storia delle Isole Falkland viene suggerita questa ipotesi (vedi pagina 1 e pagina 2), e si fanno i nomi di Amerigo Vespucci e di Binot Paulmier de Gonneville.

Un altro particolare della carta di Martin Waldseemuller del 1507
Proprio dalle esplorazioni di Vespucci e dai suoi resoconti di viaggio deriva la carta di Waldseemuller. Questo è il primo documento in cui compare la parola "America", dato dal'autore al nuovo continente in onore di Amerigo Vespucci. Anche questa carta, così come quelle utilizzate da Colombo, può essere stata alla base del lavoro di compilazione realizzato da Piri Reis.
Dopo l'ultimo viaggio di Vespucci le spedizioni alla ricerca di un passaggio verso l'Asia si moltiplicarono, sempre con risultati negativi fino al 1520. Non è quindi azzardato pensare che prima del 1513 altre spedizioni possano aver percorso il breve tratto di costa che rimaneva, fino allo stretto che si trova al 54° parallelo. Quello stretto poi prenderà il nome da Magellano, che riuscirà nel 1520, a capire che non si trattava di un golfo ma di un passaggio tra l'Oceano Atlantico e il Pacifico. Il navigatore riuscirà così, con grandi difficoltà ad attraversarlo, raggiungendo poi le Isole Filippine.
Il territorio a sud dello stretto venne all'epoca ritenuto l'estremità settentionale di quel grande continente che secondo la tradizione tolemaica doveva trovarsi attorno al polo australe, per equilibrare la quantità di terre emerse nell'emisfero nord. "Terra Australis Incognita" è la dicitura che in molte carte e planisferi di quel periodo si legge sulla terra al di là dello Stretto di Magellano.

Mercator, Mappamondo, 1569 (part.)
All'estremità della Terra del Fuoco, che venne così chiamata a causa dei falò dei villaggi, intravisti dal navigatore durante la traversata, si trova Capo Horn, battuto dai venti e tempestoso, che venne circumnavigato solo nel 1615. Anche in questo caso il motivo non fu il desiderio di conoscenza ma un semplice interesse economico. Infatti due olandesi Cornelius Shouten e Jacob Lemaire vollero raggiungere i mari dell'Indonesia evitando le rotte già note (Stretto di Magellano, Capo di Buona Speranza), per percorrere le quali non avevano il permesso della Compagna delle Indie. Riuscirono nell'impresa ma una volta giunti a Giava furono arrestati dalle autorità olandesi le quali non vollero credere alla nuova rotta da loro seguita perchè ritenevano la Terra del Fuoco una penisola unita alla "Terra Australis".

La carta disegnata da Jan Jansson dopo la circumnavigazione della Terra del Fuoco da parte di Lemaire. A destra il particolare dell'imboccatura dello Stretto di Magellano messo a confronto con un particolare della carta di Piri Reis. Sotto un confronto tra lo stesso particolare e una carta attuale, ruotata di 90° in senso antiorario.

Può essere solo una coincidenza, ma non si può non notare la presenza, in entrambe le carte, dei due bacini che formano l'ingresso dello Stretto di Magellano, e poco più a sud un'altra grande insenatura. E' possibile che alla fine il mistero della Mappa di Piri Reis sia proprio questo? Piri Reis si è forse servito di resoconti di viaggi di navigatori portoghesi che raggiunsero la Terra del Fuoco prima di Magellano? Il navigatore salpò nel 1519, e pare che già sapesse dell'esistenza di questo stretto o insenatura perchè "lo aveva visto, nella Tesoreria del Re del Portogallo, in una mappa disegnata da Martin de Bohemia" (Martin Behaim), come racconta il cronista del viaggio, Antonio Pigafetta.
Oppure, al contrario, possiamo ipotizzare che l'estremità della mappa sia stata aggiunta in un secondo momento, dopo il viaggio di Magellano del 1519? Sappiamo infatti che la carta di Pedro Reinel, conservata nella stessa Biblioteca del Topkapi, venne ritoccata probabilmente in seguito alla scoperta dello Stretto di Magellano ("Portolani e carte nautiche XIV-XVIII secolo", Istituto Italiano di Cultura di Istambul, 1994, pag. 62-63).
Ma l'ipotesi più probabile rimane quella secondo la quale nel disegnare l'estremità del continente sudamericano Piri Reis si sarebbe rifatto alle teorie geografiche più diffuse nei primi decenni del '500. Secondo molti geografi dell'epoca infatti la parte più meridionale dell'America del Sud sarebbe stata unita alla mitica Terra Australis Incognita. Una carta che ci può permettere di ricostruire l'aspetto che poteva avere la mappa completa di Piri Reis è quella attribuita a Lopo Homem, che fa parte dell' Atlante Miller conservato alla Biblioteca Nazionale di Francia.



In questo mappamondo realizzato nel 1519 vediamo che l'estremità ancora inesplorata del continente sudamericano piega verso est, andando a formare il mitico continente australe che, toccando l'arcipelago indonesiano, prosegue senza soluzione di continuità fino all'estremità dell'Asia.


LA CARTA DI ORONTIUS FINAEUS (Oronce Fine)

Un'altra famosa mappa, considerata da Graham Hancock e altri appassionati di "misteri" la prova che l'Antartide era già conosciuta secoli prima della sua effettiva esplorazione ed era già stata misurata in modo preciso è quella pubblicata nel 1531 da Oronce Fine (chiamato Oronzio Fineo in italiano e Orontius Finaeus in latino), un importante matematico che disegnò anche carte geografiche basate su studi geometrici dei diversi tipi di proiezione sferica o cordiforme.
Questa carta raffigura attorno al polo sud un grande continente chiamato "Terra Australis". Ma anche in questo caso, anzi, soprattutto in questo caso dovrebbe apparire molto evidente che questo continente, chiaramente separato dall'America del Sud dallo stretto di Magellano, non è l'Antartide ma la rappresentazione di una terra mitica, composta unendo le poche informazioni reperibili sulle terre da poco raggiunte all'estremo sud del mondo conosciuto.

LA "TERRA AUSTRALIS INCOGNITA"
Sono moltissime infatti le mappe che raffigurano la "Terra Australis Incognita", il continente che "doveva" esserci secondo i filosofi greci, già a partire da Pitagora. Essi avevano già immaginato che la Terra fosse sferica, ne avevano anche calcolato con buona approssimazione il diametro (Eratostene nel terzo secolo a.C.) e pensavano che se c'erano terre emerse a nord dovevano essercene altrettante anche a sud, altrimenti il mondo sarebbe risultato sbilanciato. Sul mito della Terra Australis sono stati scritti moltissimi libri e in tutti gli studi sulla storia della cartografia sono pubblicate le carte geografiche che raffigurano questo fantastico continente, che però non è l'Antartide privo dei ghiacci ma una terra immaginaria.
Dopo le prime esplorazioni seguite alla scoperta dell'America i navigatori portarono notizie su nuove terre scoperte a sud e questo rafforzò l'idea che il continente mitico esistesse davvero, per questo venne rappresentato in molte mappe cinquecentesche. In quelle carte, come in moltissime altre è rappresentata quindi la Terra Australis Incognita, un mito non diverso da quello del Paradiso Terrestre (anche questo viene spesso rappresentato nelle carte medioevali), del Regno del Prete Gianni (anche questo compare spesso, di solito localizzato nell' Africa orientale) e dell'Eldorado.

Quel grande continente che nella carta di Finaeus occupa gran parte dell'emisfero sud è chiamato "Terra Australis recenter inventa sed nondum plene cognita" ovvero Terra Australe di recente scoperta ma non completamente conosciuta. Anche da questo si capisce che non si può trattare, come pretendono gli scrittori del mistero, di una rappresentazione del continente antartico prima della glaciazione (si vedono monti, valli, fiumi...) ma di terre raggiunte di recente e solo parzialmente conosciute dai navigatori dell'epoca.

Oltretutto la vera Antartide non si trova a contatto dell'America del Sud, separata da questa solo dallo stretto di Magellano. Il continente australe è anzi molto distante dallo stretto e le parti più settentrionali si trovano più di 1000 chilometri a sud della Terra del Fuoco. Il mappamondo di Finaeus è quindi una carta approssimativa, idealizzata, dove le terre solo intraviste o lambite dai navigatori vengono unite tra di loro fino a formare un grande continente australe.
Quali possono essere queste terre "recenter inventae sed nondum plene cognitae"? Una è sicuramente la Terra del Fuoco, costeggiata da Magellano nel 1520, che per tutto il XVI secolo verrà ritenuta una delle estremità settentrionali della Terra Australis. La mappa di Finaeus quindi non appare, nella descrizione di quella regione, diversa da tante altre dello stesso periodo.

Ma anche un'altra terra, all'estremo sud del mondo conosciuto, cominciava ad essere visitata dai navigatori europei, soprattutto dai portoghesi che nei primi decenni del XVI secolo si erano già spinti fino alle isole dell'arcipelago indonesiano...

Nella mappa di Fineo si possono vedere in alto le isole di Java e Timor, quindi di quel continente chiamato "Terra Australis", che si pensava si estendesse fino allo stretto di Magellano quindi all'America del Sud, potrebbe far parte anche l'Australia che si trova proprio a sud est di Java e Timor. Il grande golfo evidenziato nella Terra Australis può quindi essere una primitiva rappresentazione del Golfo di Bonaparte, poco lontano da Java e Timor, caratterizzato dalla piccola baia di Darwin, oppure di quello più grande di Carpentaria, al cui interno sono riconoscibili Groote Island e Wellesley Island.

TERRA AUSTRALIS
AUSTRALIA
La "Terra Australis" della mappa di Finaeus a confronto con l'Australia.
In entrambe le carte in alto a sinistra si trova l'isola di Java o Giava.
La costa nord dell'Australia, e in particolare la regione chiamata "Regio Patalis" è riconoscibile anche in molte carte della metà del '500 e certamente era stata raggiunta dai portoghesi ben prima del viaggio di Tasman nel 1642 o della scoperta "ufficiale" da parte del Capitano Cook. Su questo argomento sono stati pubblicati di recente diversi studi, tra i più conosciuti vi sono quelli di Roger Hervé (Découverte fortuite de l’Australie et de la Nouvelle-Zélande par des navigateurs portugais et espagnols entre 1521 et 1528, Comité des travaux historiques et scientifiques, Paris, Bibliothèque Nationale, 1982) e di Kenneth Gordon McIntyre ("The Secret Discovery of Australia: Portuguese Ventures 250 Years before Capt. Cook." Sydney, Pan, 1977.).
Già nelle mappe della fine del '400 compare infatti l'arcipelago indonesiano (Java, Sumatra, Borneo, Celebes) e certamente molti navigatori erano a conoscenza di una grande terra inesplorata a sud, e lo stesso Marco Polo aveva parlato di una grande isola a sud di Java, conosciuta dai cinesi e ricca di oro e conchiglie.
All'inizio del '500 i Portoghesi avevano inziato la colonizzazione di quelle isole poco distanti dall'Australia, che risultavano appartenere alla loro giurisdizione. Si erano spinti fino a Java e la Malacca (1511) e Timor (1515), avevano probabilmente già raggiunto le coste nord di una grande terra sconosciuta. La spedizione di Cristovao de Mendonca a sud di Timor.è infatti del 1522. Il navigatore partì alla ricerca delle "Indie del sud", citate in molti racconti di navigatori europei e cinesi, e attraccò in quella che all'inizio gli parve una grandissima isola. Al ritorno in Portogallo De Mendonca tenne la scoperta segreta per evitare che potesse essere sfruttata dagli spagnoli. La posizione della linea di demarcazione tra Spagna e Portogallo nel Pacifico era infatti ancora molto controversa.
Una terra molto estesa chiamata "Grande Java", situata a sud di Java e Sumatra, compare in molte carte francesi del '500 che riportano nomi geografici portoghesi. Potrebbero essere state tutte copiate dalla stessa carta originale forse trafugata dal Portogallo dal vescovo Miguel De Silva. Egli venne accusato di aver portato illegalmente fuori dal paese documenti riservati, e anche le carte geografiche erano considerate tali, perchè potevano fornire ad altre nazioni informazioni importanti per le conquiste coloniali.

A quei tempi infatti i viaggi e le esplorazioni non venivano intrapresi per sport, o per desiderio di conoscere. L'importante era aprire nuove rotte e trovare terre sfruttabili, spezie, metalli preziosi. ma quella "Terra Australis recenter inventa" rimase per molto tempo inesplorata perchè non offriva all'apparenza "altro che coste aride, abitate pochi selvaggi in condizioni così arretrate che non era possibile intendersi con loro neppur vagamente" ("Storia delle Esplorazioni", di Ugo Dettore, Ist. Geogr. De Agostini). L'Australia compare chiaramente nella mappa di Cornelius De Jode del 1593 e in mappamondi dell'inizio del sec XVII, ma solo nel 1642 l'olandese Abel Tasman navigò a sud della Tasmania e della Nuova Olanda, l'attuale Australia, scoprendo che questa terra non apparteneva al mitico continente australe, ma era una grandissima isola.







LA CARTA DI PHILIPPE BUACHE

C'è poi una terza mappa, anche questa pubblicata da Graham Hancock nel suo libro "Impronte degli dei" (Fingerprints of Gods) come prova che l'Antartide era già conosciuta secoli prima della sua effettiva esplorazione. È quella di Philippe Buache, pubblicata sicuramente dopo il 1739 (Hancock invece dice 1737) perchè nelle didascalie è citato il viaggio del capitano Charles Bouvet che aveva raggiunto nuove terre a sud del Capo di Buona Speranza il primo gennaio di quell'anno. In effetti la carta pare assai strana,il polo Sud si trova al centro di un Mar Glaciale ed è circondato da due grandissime isole che formano un immenso continente australe. In questo caso però la somiglianza con l'Antartide è scarsissima, ma gli appassionati del mistero non si scoraggiano e arrivano a dire che questa mappa rappresenta l'Antartide prima che fosse ricoperta dal ghiaccio, centinaia di migliaia di anni fa.
Anche questa volta la verità è molto più semplice e rivela il modo di operare di questi autori di best-sellers fanta-archeologici. In questo caso ad esempio non si curano minimamente della pur evidente quantità di testo, descrizioni, didascalie, note, presenti nella carta di Buache, che se lette avrebbero spiegato chiaramente che cosa voleva rappresentare il cartografo. Inoltre tengono nascosto al lettore una informazione molto importante, il fatto che di questa carta esistono due versioni.
..
La prima contiene solo le informazioni reali sulle nuove terre recentemente scoperte all'estremo sud del mondo: l'Australia, la Tasmania, la Nuova Zelanda, l'isola di Bouvet con il Capo della Circoncisione, un'altra terra a sud della Terra del Fuoco (forse una delle isole Shetland).
..
Nella seconda invece l'autore ha disegnato un continente immaginario (e ha scritto chiaramente conjecturée ovvero congetturale, ipotetico) unendo tra loro quelle poche parti di costa effettivamente esplorate o avvistate fino a quel periodo (disegnate in rosso), arrivando a creare così l'ultima erede della mitica Terra Australis Incognita raffigurata in tante carte e mappamondi rinascimentali.
Buache quindi non ha rappresentato l'Antartide come era centinaia di migliaia di anni fa ma ha proposto una congettura sulla forma di un continente ancora sconosciuto ma al quale i navigatori si avvicinavano sempre di più.. Volendo scherzare si potrebbe fare un paragone con quei giochi della Settimana Enigmistica in cui si uniscono i puntini misterosi per vedere "che cosa apparirà".
In particolare Buache, nel disegnare la forma della Terra Australis, si è ispirato al Mappamondo di Gerard De Jode del 1593 e a quelli di Ortelius, mentre alcune denominazioni di parti della Terra Australis (ad esempio la Terre Des Perroquets) derivano dal mappamondo di Gerard Mercator del 1541, che a sua volta, per nominare quelle terre sconosciute, citava i racconti di Marco Polo.

La carta, nelle sue due versioni, è doviziosa di informazioni, tutte relative a viaggi compiuti all'estremo sud del mondo conosciuto (in una pagina web c'è la trascrizione dei testi in francese e la traduzione in inglese). In particolare viene citato il capitano Bouvet, che scoprì il 1 gennaio del 1739 un nuovo territorio a sud del Capo di Buona Speranza, lo chiamò Capo della Circoncisione (il 1 gennaio è appunto dedicato a questa ricorrenza) e lo descrisse parlando di una grande montagna di ghiaccio, aspra e inaccessibile. Ma anche lui, come già Magellano con la Terra del Fuoco, non si rese conto che quella era un'isola, pensò che fosse una parte settentrionale del mitico continente australe. Nelle carte di Buache il viaggio di Bouvet è segnato in modo preciso, con le date e la rotta seguita. Inoltre sono descritti spesso gli icebergs incontrati in questi viaggi. Il Capo della Circoncisione è chiaramente rappresentato nella seconda carta e viene descritto come facente parte del continente australe.
Una terza "carta di Buache" basata sulle stesse ipotesi e congetture sulla forma che poteva avere il continente australe venne pubblicata in Inghilterra:

Nella dicitura a sinistra si legge chiaramente che si tratta di una nuova ipotesi ottenuta unendo (adjoining) le coste delle poche terre raggiunte o solo avvistate.
In questa carta è interessante notare come anche l'Australia fosse ancora inesplorata, tanto che la sua forma non è meno "congetturale" di quella dell'Antartide. La Tasmania viene disegnata attaccata al continente, così come la Nuova Guinea. La Nuova Zelanda invece viene immaginata come parte dell'Antartide e non come un'isola, segno che non era ancora stata circumnavigata.
Ma Buache non era stato il primo a raffigurare in questo modo l'Antartide a partire da ipotesi basate sulle nuove terre da poco scoperte nel sud del mondo. Questa è infatti la carta dell'emisfero sud disegnata da Jan Jansson nel 1657:


ATLANTIDE SOTTO GHIACCIO?

Non solo Erich Von Daniken e Graham Hancock hanno ripreso le teorie di Charles Hapgood sulla mappa di Piri Reis e altre rappresentazioni cartografiche medievali e rinascimentali.
Flavio Barbiero ha infatti pubblicato il libro "Una civiltà sotto ghiaccio" in cui ipotizza che la leggendaria Atlantide si trovi sepolta sotto i ghiacci dell'Antartide. Barbiero è un ingegnere, entrato nella Marina Militare nel 1961 ha successivamente trascorso gran parte della sua carriera professionale nei centri di ricerca della Marina Militare e della NATO. Purtroppo anche lui, a metà di un libro altrimenti serio e documentato, non resiste alla tentazione di vedere nelle mappe antiche quello che non c'è mai stato.
In "Una civiltà sotto ghiaccio", oltre alla mappa di Piri Reis, sono pubblicati diversi mappamondi medievali el'autore afferma che il mondo che viene lì rappresentato è Atlantide, che è identificabile con l'Antartide. In quelle carte riconosce il Mare di Ross, la baia di McKenzie, la zona di Weddell e altre parti del continente attorno al Polo Sud. A proposito di alcune mappe afferma che si tratterebbe della rappresentazione di Atlantide/Antartide come era 10.000 anni fa, di altre dice che la raffigurerebbe addirittura nel Pleistocene (il periodo compreso tra 1.600.000 e 11.000 anni fa).
Tutto questo senza curarsi del fatto che in quelle carte compaiono chiaramente non solo nomi geografici europei, asiatici e africani, ma anche rappresentazioni di luoghi mitici come il Paradiso Terrestre, o delle tombe degli Apostoli.... Vediamo qualche esempio delle carte che rappresenterebbero Atlantide.


Barbiero afferma che il disegno raffigura Atlantide, quindi l'Antartide. Vi riconosce la "fitta rete di canali analoga a quella descritta da Platone".
Si tratta invece di una delle tante raffigurazioni medioevali composte secondo lo schema tripartito Asia (in alto) Europa (in basso a sin.) e Africa (in basso a destra). Il mondo, al cui centro è Gerusalemme, è circondato dall'Oceano, oltre il quale sono raffigurati i dodici venti. Si notano anche molte città fortificate (Roma, Atene, Costantinopoli, Nazareth, Damasco, Babilonia, Alessandria) e diverse regioni (Spagna, Inghilterra, Grecia, Germania, Ungheria, Egitto, Etiopia, Mesopotamia, Sardegna, Sicilia, Cipro...), tutte con la loro denominazione ben in evidenza.
Sono rappresentati anche i mitici Gog e Magog (Ezechiele, 38-39), così come il Paradiso Terrestre.
Questo tipo di mappamondo non teneva conto delle conoscenze geografiche ma era inteso come una rappresentazione ideale e filosofica e si basava sullo schema O-T, derivato dai manoscritti di Isidoro di Siviglia, che possiamo vedere nelle immagini seguenti.



L'impostazione di questa carta si rifà alla filosofia di Ugo di San Vittore, che concepiva il mondo come un'Arca per tutti i mortali. Nella carta possiamo leggere oltre 200 toponimi, per lo più classici e biblici, quelli in Asia e Africa, moderni quelli in Europa. Si vedono persone che salpano da Brindisi verso Gerusalemme (sempre al centro del mondo), e forse la prima citazione del Passo di San Gottardo. In basso a sinistra è l'Inghilterra, disegnata in rosso con molti dettagli, e piena di raffigurazioni di città. Nel rettangolo vuoto in alto avrebbe forse trovato posto, come in altre mappe simili, il Paradiso Terrestre. Il Mar Rosso è disegnato con grande evidenza in rosso.

Anche questo planisfero è basato sullo schema a T. Ma la sua peculiarità è che il Mondo è raffigurato come il corpo di Cristo, con la testa in alto, quindi a Est, le mani a Nord e Sud e i piedi a Ovest.
Vediamo raffigurati i luoghi più importanti del mondo (reale e mitologico): il Paradiso Terrestre con i suoi quattro fiumi, il Monte Ararat con l'Arca di Noè, il Gange, le montagne della Cina, la terra dei Persi, l'Egitto con il Nilo e i coccodrilli, la Francia con Parigi, l'Inghilterra e la Scozia, Roma, Venezia...
Anche questa mappa non tiene conto delle reali conoscenze geografiche ma rappresenta il mondo idealizzato, secondo principi filosofico-religiosi.
L'originale è andato distrutto durante la seconda guerra mondiale e ora rimangono solo alcune copie di epoche successive e una fotografia.

In questa mappa lo schema a T è meno evidente e l'area del mediterraneo inizia ad essere rappresentata in modo più accurato. Anche in questo caso però la predominanza nei luoghi rappresentati è data alle storie bibliche. Due isole mitiche sono posizionate al largo dell'Oceano Atlantico, oltre Gibilterra: la mitica Antilia e Satanaxium, l'isola dei demoni.
A destra lo schema della mappa ruotato di 90°, in modo da portare il Nord in alto..
Secondo Barbiero anche questo mappamondo raffigurerebbe Atlantide 10.000 anni fa.



Continua la serie delle raffigurazioni simboliche del mondo, legate alle concezioni medioevali. Questa (di cui esistono altre due varianti) presenta però alcuni tratti moderni, ad esempio la forma del Mediterraneo e dell'Europa orientale è stata ricavata da portolani (mappe nautiche), certi nomi derivano dalla Geografia di Tolomeo e in alcuni particolari dell'Asia si vede l'influenza di Marco Polo.
Attorno al mondo c'è un calendario degli anni 1448-1494, con la possibilità di calcolare il giorno di Pasqua. Gerusalemme continua ad essere posizionata al centro del mondo, a Nord e a Sud vediamo due zone colorate di rosso e definite inabitabili perchè rispettivamente troppo fredda e troppo calda.
Secondo Barbiero anche questo mappamondo raffigurerebbe Atlantide, in questo caso nel periodo del Pleistocene.

Più che improntato al simbolismo religioso questo mappamondo rappresenta le grandi civiltà della storia: Babilonia, Media, Macedonia e Roma. Le coste dell'Inghilterra (in basso a sinistra), della Danimarca, del Peloponneso, Francia e Spagna sono rappresentate in modo più realistico di quelle delle altre carte dell'epoca. Non è presente il Paradiso Terrestre. Contiene informazioni di natura enciclopedica, classiche e bibliche. La carta mostra le migrazioni degli Ebrei e cita Betlemme. Gog e Magog sono confinati dietro a un muro nel nord-est dell'Asia, si vedono uomini con la testa di cane e grifoni, e in Africa un leone.

Secondo Barbiero "la corrispondenza con il profilo dell'Antartide pleistocenica è straordinaria. Si noti la Baia di Ross in alto a destra, la Baia McKenzie a sinistra, entrambe con il loro caratteristico profilo".
Secondo gli studiosi di storia e di cartografia questo, che è il più grande planisfero medioevale sopravvissuto, rappresenta l'apice della tradizione "classica" delle carte geografiche. In alto si può vedere il Giudizio Universale, con la Madonna che prega per il genere umano. Al centro c'è sempre Gerusalemme sormontata da una immagine della crocifissione, i nomi dei luoghi rievocano i quattro imperi della storia umana, i viaggi degli apostoli e le vie dei pellegrinaggi, ma anche storie mitologiche, come quella del Vello d'Oro. Sono raffigurati e nominati precisamente anche Alessandria col suo faro, il delta del Nilo con le Piramidi,il Mar Rosso, l'India col fiume Gange e il solito Paradiso Terrestre in alto, a Est.
L'immagine dell'Inghilterra e del Galles contiene rappresentazioni della Lincoln Cathedral e dei castelli gallesi costruiti di recente per Edoardo I. Inoltre sono rappresentate le rotte commerciali contemporanee in una commistione di significati sacri e profani.
Nel libro di Barbiero sono riprodotte anche altre mappe, tutte identificate con la mitica Atlantide, in tutti i casi senza il minimo fondamento nè una prova di queste affermazioni. L'unico metodo "scientifico" utilizzato dall'autore è la somiglianza. Ma visto che comunque questi planisferi non somigliano affatto all'Antartide di oggi si afferma che raffigurerebbero l'Antartide/Atlantide di centinaia di migliaia di anni fa, addirittura nel Pleistocene. Secondo Barbiero infatti "tutti i planisferi medioevali non sono altro che riproduzioni più o meno stilizzate e adattate di antichissime carte geografiche dell'Antartide".
Quello che però è sfuggito a Barbiero è che in molte di queste carte medievali è rappresentata chiaramente, nell'emisfero sud, la mitica Terra Australis, con un grande mare che la separa dal mondo conosciuto (Europa, Asia, Africa).
.
Anche tutte le carte derivate dal Beatus, mostrano chiaramente la regione degli "Antipodes" all'estremo sud del mondo (il sud in queste carte è a destra), e in alcune viene chiaramente disegnato un personaggio che sembra appeso con i piedi sopra la testa (un antipode).

Dunque non è possibile che quella che secondo Barbiero è una rappresentazione dell'Antartide contenga al suo interno un'altra rappresentazione della stessa Antartide. Questi mappamondi medievali erano basati sulla fede, sui racconti bilblici e mitologici, non certo su fantomatiche carte geografiche di Atlantide conservatesi non si sa come per più di 10.000 anni e finite nelle mani dei monaci europei (di che materiale avrebbero dovuto essere fatte per durare tanto? e se sono durate tanto da arrivare ai monaci come mai non sono citate da nessuno di loro, e soprattutto dove sono finite?).
Oltretutto all'epoca in cui sono stati disegnati quei mappamondi , e questo dovrebbe far capire lo scopo, esistevano già carte geografiche più accurate che si basavano su osservazioni, misure, resoconti di viaggi. Alla metà del '300 ad esempio (all'epoca dei planisferi di Saint Denis e di Hidgen e prima di quello di Andrea Bianco) risale il meraviglioso Atlante Catalano. Il mediterraneo è disegnato in modo abbastanza corretto mentre l'Asia ha ancora l'aspetto fantasioso tipico dei mappamondi del vecchio tipo a T.


Nel mese di novembre 2007 è stato pubblicato un bellissimo volume illustrato dedicato a queste mappe medievali: "Il paradiso in terra - Mappe del giardino dell'Eden" di Alessandro Scafi. Lo studioso mostra come lo scopo di questo tipo di cartografia, lontanissimo da quella "pratica" destinata alla navigazione, fosse la localizzazione dei luoghi sacri della Bibbia, soprattutto del Giardino dell'Eden che i teologi dell'epoca sostenevano fosse esistito realmente e ancora esistesse ai remoti confini del mondo conosciuto.
«La raffigurazione del paradiso terrestre finì per svolgere un ruolo importante in una cartografia che esprimeva una visione fondata sulla Bibbia. Le carte del mondo prodotte nei monasteri e nelle cattedrali dell'Europa occidentale non erano però esposizioni di teologia, documenti pastorali o attestati di devozione, a differenza delle nostre moderne e scientifiche rappresentazioni della Terra, né erano strumenti di propaganda religiosa o prediche in forma visiva. Esse erano piuttosto rappresentazioni del mondo secondo una particolare concezione, una concezione che teneva conto del testo della Scrittura e degli insegnamenti della fede cristiana. Valutate secondo i loro criteri, le carte medievali del mondo non erano effettivamente meno "scientifiche" di qualsiasi altro tipo di carta. (...) E' importante capire che per gli studiosi cristiani della tarda antichità e del Medioevo la Bibbia forniva la chiave per tutte le forme di conoscenza. Nelle Sacre Scritture si trovava certo una guida spirituale e religiosa, ma in esse si trovava anche il resoconto più autorevole sulla creazione del mondo e la storia della razza umana. La Bibbia forse non forniva una gran mole di informazioni geografiche, ma costituiva il punto di riferimento fondamentale nello studio della cosmologia, della filosofia e della storia.» (Alessandro Scafi)
A proposito di "Maps of the ancient sea kings" di Charles Hapgood

Tutte le leggende sulle "mappe misteriose" di Piri Reis, Finaeus, Buache... che avrebbero rappresentato l'Antartide con secoli di anticipo rispetto all'effettiva scoperta, hanno preso origine da un libro in particolare, "Maps of the ancient sea kings" pubblicato nel 1966 da Charles Hapgood. L'autore nella prefazione dichiarava di essersi però ispirato alle idee del capitano Arlington Mallery che scrisse nel 1951 "Lost America: The Story of Iron-Age Civilization Prior to Columbus".
Ho acquistato il libro di Hapgood, e sono rimasto davvero sconcertato nel leggerlo. Non mi sembra possibile che uno studioso, per quanto "dilettante" in campo cartografico come lui stesso si definisce, possa fare un lavoro così in apparenza meticoloso, ma che si rivela invece estremamente superficiale e disinformato.
Hapgood non tiene in alcuna considerazione le note e le didascalie presenti nelle diverse carte, nemmeno quelle ben chiare e leggibili, che definiscono i nomi di certe regioni geografiche. Sembra invece interessato solo a dimostrare a tutti i costi, negando pure l'evidenza, che quella terra che compare in tanti mappamondi e carte del XVI secolo è l'Antartide e le numerosissime prove contrarie non gli interessano.

Ad esempio a pag 66 e 103 pubblica alcuni particolari del mappamondo di Mercator del 1659 affermando senza mezzi termini che l'autore vi ha raffigurato l'Antartide. Riporta perciò su una sagoma basata sul disegno di Mercator tutti i riferimenti geografici della moderna Antartide, promontori, baie, mari... e tace l'informazione più evidente che viene fornita proprio dalla stessa carta in esame. Quella grande terra al di là dello Stretto di Magellano è chiaramente definita da Mercator "Terra del Fuego".

La Terra del Fuoco infatti, fino alla sua circumnavigazione nel 1622 veniva ritenuta la parte più settentrionale di un favoleggiato ed enorme continente australe, la "Terra Australis Incognita" che compare con questa precisa dicitura in moltissime mappe. La Terra del Fuoco era già stata parzialmente costeggiata, promontori e insenature erano già stati chiamati (anche sulle mappe) con i nomi che portano ancora oggi.
Ma a Hapgood questo aspetto della storia delle esplorazioni e della cartografia non interessa, quindi non si cura delle pur precise informazioni che si trovano sulle mappe. Ad esempio in nessuna pagina del libro è citata la "Terra Australis Incognita". Nemmeno nei capitoli sulle carte di Finaeus o di Mercatore in cui la dicitura, così come in tante altre carte dell'epoca, è così ben in evidenza.
Nell'illustrazione seguente un particolare del mappamondo di Jodocus Hondius del 1608.

Hapgood decide a priori che quella terra oltre lo stretto di Magellano "deve" essere l'Antartide e inizia così a deformare, stirare, ruotare, correggere le carte per far in modo che qualcosa corrisponda a qualcos' altro. E non ci riesce perché le due cose, mappe antiche e Antartide non corrispondono mai. Prova anche a citare il "profilo sismico" ma così assomiglia ancora meno, infatti su questo profilo sismico non mette numerini per far tornare i conti e lo pubblica in una pagina per conto suo senza confrontarlo con le mappe antiche. Oltretutto il "profilo sismico sub glaciale" del 1958 pubblicato da Hapgood si è poi rivelato inesatto, quello rilevato più di recente con moderni strumenti ha rivelato un profilo ben differente.

Per far tornare i conti, e i riferimenti numerati tra la carta di Reis e l'Antartide, Hapgood deve scrivere "omission of coastline" in tre punti . Ovvero, la mappa di Piri Reis è così precisa che... è piena di errori e omissioni, e solo amplificando questi presunti errori (la sparizione di lunghissimi tratti di costa, o la mancanza dei 1000 chilometri di mare tra la Terra del Fuoco e la Penisola di Palmer) può arrivare a dire che quella estremità della mappa rappresenta la lontana Antartide. Ecco il "collage" fatto da Hapgood per riuscire a dare un senso alla mappa di piri Reis:

Alcune parti vengono girate in un senso, altre al contrario, cambiano scale, misure, distanze, vengono inserite "omissioni" per far tornare i conti...
Ma ci sono anche altri indizi che mostrano la superficialità di Hapgood. A Pag. 99 parla della "remarkable map of Hadji Ahmed" del 1559 e ne descrive l'incredibile precisione nei dettagli della costa americana sull'oceano Pacifico, non ancora completamente esplorata. Una bella riproduzione di questa mappa compare a piena pagina, ma impietosamente rivela in alto a destra la dicitura: Decembre 1865.

Si tratta di una incisione realizzata in Francia in quell'anno, che riproduce l'antica mappa di Ahmed con le inevitabili correzioni rispetto all'originale, dovute alle moderne conoscenze geografiche. Infatti l'originale è molto più approssimativa, ma Hapgood non la pubblica. Dell'originale non ne esiste una sola copia, e ne rimangono solo pochi esemplari di una edizione del 1795.

Hapgood sa che la carta di Ahmed non è altro che una rielaborazione più aggiornata di quella cordiforme di Finaeus del 1534 (a pag 234 riporta un commento di A.E. Nordenskiöld a questo proposito), ma ribadisce che secondo lui le carte sono molto diverse.

Certamente sono diverse, ed è anche ovvio. In quella più antica le coste dell'America appaiono molto più approssimative e congetturali, non essendo ancora state ben esplorate, mentre nelle versioni realizzate secoli dopo (soprattutto nella versione del 1865 da lui pubblicata) questi errori sono stati in parte corretti.
Da questi confronti possiamo vedere come in ogni periodo storico, molte mappe venivano disegnate basandosi su modelli precedenti, aggiungendo le nuove conoscenze dovute alle più recenti esplorazioni delle nuove terre appena scoperte.
Hapgood pubblica anche la carta di Philippe Buache del 1739, e pure in questo caso afferma senza esitazioni che la carta conterrebbe una rappresentazione dell'Antartide. Ma non cita una sola parola delle fittissime note, scritte in francese, che gli avrebbero invece permesso di capire cosa era realmente raffigurato: la descrizione del viaggio de capitano Bouvet e una "congettura" sulla forma del mitico continente australe basata su pochi tratti di terra raggiunti fino a quel momento.

Forse Hapgood non conosceva il francese, perchè altrimenti un tentativo l'avrebbe fatto. O forse non l'avrebbe comunque fatto se ciò avesse minato le basi delle sue strampalate teorie. Oltretutto Hapgood non pubblica l'altra versione della stessa carta di Buache, quella senza nessuna "congettura" sulla forma del continente australe, ma che descrive solo le poche terre davvero toccate dagli esploratori fino a quell'epoca:

A pagina 67 di "Maps of the ancient sea kings" è pubblicata un'altra carta di Buache, che rappresenta la parte di Oceano Atlantico tra il Brasile e l'Africa. Hapgood nota subito e commenta con grande enfasi alcune grandi "isole" al centro dell'Atlantico e le confronta con quelle che compaiono nella carta di Piri Reis. Anche in questo caso però nella carta di Buache compare una dicitura precisa, in francese: "seches et bas-fonds", ovvero secche e bassifondi, pericolosi per i navigatori e quindi segnalati nella carta nautica. Possibile che Hapgood non abbia notato questa dicitura?
Ma mettiamo pure per ipotesi che le secche fossero ciò che resta di antichissime isole... Una cosa che uno studioso serio avrebbe dovuto fare è verificare cosa scrive Piri Reis di fianco alla misteriosa isola al centro dell'Atlantico: "E questa caravella avendo incontrato una tempesta fu guidata su questa isola. Il suo nome era Nicola Giuvan. Ed in quest'isola c'è molto bestiame con un corno. Per questa ragione loro chiamarono quest'isola "Isle de Vacca", che significa isola del bestiame."
L'impressione è che Piri Reis abbia trovato il racconto di un navigatore e abbia arbitrariamente disegnato un'isola lungo la probabile rotta percorsa dalla nave, non certo che si sia ispirato ad antichissime carte che raffiguravano isole al centro dell'Atlantico.
Vogliamo parlare di come Hapgood tratta la carta di Finaeus del 1531? Afferma senza mezzi termini che si tratta di "a truly authentic map of the real Antarctica". Ma visto che la sagoma non combacia (ed è oltretutto enormemente più grande della vera Antartide giungendo a lambire addirittura il Tropico del Capricorno) Hapgood è costretto a ruotarla, stirarla, deformarla. Poi, visto che ancora non combacia, decide di spostare il Polo Sud di 1000 km e decide che quello che Finaeus chiama chiaramente "Tropico del Capricorno" in realtà sarebbe il "Circolo Polare Antartico". Ma allora quello che il cartografo chiama "Circolo Polare Antartico" cosa sarà stato mai?

La ricostruzione dell'Antartide basata sulla carta di Finaeus, secondo C. Hapgood.

Il confronto tra la Terra Australis Incognita di Finaeus e la vera Antartide.
In tutto questo gran lavoro di "interpretazione" Hapgood tace una informazione essenziale: Finaeus ha chiaramente scritto su quel grandissimo continente la frase "Terra Australis Recenter inventa sed nondum plene cognita", ovvero Terra Australe scoperta di recente ma non completamente esplorata. La stessa dicitura che compare in moltissime carte cinquecentesche per definire la Terra Del Fuoco, scoperta da Magellano nel 1520, che si pensava fosse l'estremità di un grande continente.

Il capitolo 5 di "Maps Of The Ancient Sea Kings" è dedicato al Portolano di Dulcert, che viene messo a confronto con altre mappe del Mediterraneo. Qui Hapgood raggiunge una delle vette dell'assurdo. Confronta infatti il Portolano di Dulcert del 1339 con una carta basata sui concetti geografici di Tolomeo (II secolo dopo Cristo) e afferma che è incomprensibile che una carta disegnata nel "medioevo", da oscuri marinai che avevano come unico strumento una bussola, possa essere più precisa di una basata sugli studi del più grande studioso di geografia dell'antichità, che aveva a sua disposizione tutti i libri della Biblioteca di Alessandria e l'assistenza dei più grandi sapienti dell'epoca. Quindi secondo Hapgood chi disegnò il portolano di Dulcert, 1000 anni dopo Tolomeo, deve per forza aver avuto accesso a informazioni antichissime e molto più precise di quelle di Tolomeo!

In grigio (da Hapgood): una carta basata sulla geografia di Tolomeo confrontata col Portolano di Dulcert. A destra il Portolano di Dulcert.
Non sto scherzando. Tutto questo delirio si trova alle pagine 10 e 11 di "The Maps of the Ancient Sea Kings": "Ptolemy is the most famous geographer of the ancient world. He worked in Alexandria in the 2nd Century a.D, in the greatest library of the ancient world, He was acquainted with mathematics. He shows, in his great work, The Geograhia (168) a modern scientific mentality. Can we lightly assume that the medieval sailors of the XV century, without any of his knowledge, and without modern instruments except a rudimentary compass - and without mathematics - could produce a more scientific product?"
Possibile che Hapgood non si renda conto dell'importanza scientifica che ebbe l'uso della bussola per la cartografia? Davvero pensa che i testi dei filosofi dell'antichità potessero essere più precisi di una bussola, per quanto rudimentale, nel fornire le basi per realizzare una carta geografica del Mediterraneo? Questa non è solo "affascinante ingenuità" (come è scritto nell'introduzione di John K. Wright a Maps Of The Ancient Sea Kings), è un difetto ben peggiore.
Ma si potrebbe andare avanti così per molte altre pagine, perché il libro è pieno di "perle" di questo tipo. Ed è sulla base di questo libro che negli ultimi decenni si sono costruite le più fantasiose teorie a proposito di carte geografiche che nessuno storico, geografo o cartografo aveva mai considerato "strane". Nessuno le considera strane perchè in tutti gli studi sulla storia della cartografia e delle esplorazioni ci sono capitoli sul mito della Terra Australis e sul fatto che questa terra venisse di volta in volta identificata, man mano che i navigatori si spostavano più a sud, nelle nuove terre appena scoperte. Che poi si rivelavano isole e non parti di quel mitico continente.
L'unico a non conoscere bene gli argomenti di cui parla sembra essere proprio Hapgood, deciso a dimostrare le sue teorie manipolando e distorcendo e spesso nascondendo informazioni. Comunque è stato bravo, ha avuto molto successo. Sono i suoi libri e quelli dei suoi epigoni che si vendono a milioni di copie, non quelli più seri che trattano di storia della cartografia.
Diego Cuoghi

"Ecco qui un'altra mappa. Sapete da dove proviene? Appare nel secondo trattato della Utriusque Cosmi Historia di Robert Fludd. Fludd è l'uomo dei Rosa-Croce a Londra, non dimentichiamolo. Ora cosa fa il nostra Roberto de Fluctibus, come amava farsi chiamare? Non presenta più una mappa ma una strana proiezione del globo intero dal punto di vista del Polo, del Polo mistico naturalmente e dunque dal punto di vista di un Pendolo ideale appeso a una chiave di volta ideale. Questa è una carta concepita per essere messa sotto il Pendolo!" (Umberto Eco, in Il pendolo di Foucault, Bompiani, 1989).














 
Top
0 replies since 3/12/2009, 21:12   292 views
  Share