Meccanica quantistica

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arconte73
view post Posted on 10/5/2009, 23:00





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La meccanica quantistica è una teoria fisica che si è sviluppata e consolidata nella prima metà del XX secolo, per supplire all'inadeguatezza della meccanica classica nello spiegare fenomeni e proprietà quali la radiazione di corpo nero, l'effetto fotoelettrico, il calore specifico dei solidi, gli spettri atomici, la stabilità degli atomi, l'effetto Compton: alcuni esperimenti effettuati nei primi trent'anni del XX secolo suggerivano, per esempio, la necessità di introdurre l'ipotesi di un comportamento particellare della luce e di postulare l'esistenza di livelli discreti di energia.

La meccanica quantistica si distingue in maniera radicale dalla meccanica classica in quanto si limita a esprimere la probabilità di ottenere un dato risultato da una certa misurazione, secondo l'interpretazione di Copenaghen . Questa condizione di indeterminismo non è dovuta a una conoscenza incompleta, da parte dello sperimentatore, dello stato in cui si trova il sistema fisico osservato, ma è da considerarsi una caratteristica intrinseca del sistema. La teoria, dunque, descrive i sistemi come una sovrapposizione di stati diversi e prevede che il risultato di una misurazione non sia completamente arbitrario, ma sia incluso in un insieme di possibili valori: ciascuno di detti valori è abbinato a uno di tali stati ed è associato a una certa probabilità di presentarsi come risultato della misurazione. Questo nuovo modo di interpretare i fenomeni è stato oggetto di numerose discussioni all'interno della comunità scientifica, come testimonia l'esistenza di diverse interpretazioni della meccanica quantistica. L'osservazione ha quindi effetti importanti sul sistema osservato: collegato a questo nuovo concetto si ha l'impossibilità di conoscere esattamente i valori di coppie di variabili dinamiche coniugate, espressa dal principio di indeterminazione.





Introduzione
La meccanica quantistica riunisce un complesso di teorie fisiche formulate nella prima metà del XX secolo che descrivono il comportamento della materia a livello microscopico, a scale di lunghezza inferiori o dell'ordine di quelle dell'atomo o ad energie nella scala delle interazioni interatomiche, dove cadono le ipotesi alla base della meccanica classica. Essa permette di interpretare e quantificare fenomeni che, nell'opinione della maggior parte dei fisici contemporanei, non possono essere giustificati dalla meccanica classica, le cui previsioni sono in questi casi in completo disaccordo con i risultati sperimentali.

Una delle principali peculiarità della meccanica quantistica è data dal fatto che in essa lo stato e l'evoluzione di un sistema fisico vengano descritti in maniera intrinsecamente probabilistica. Spesso si ricorre ad una visualizzazione del comportamento di una particella in termini di "funzione d'onda" o "onda di probabilità". Nei casi più generali, tuttavia, a una tale visione "pittorica" si può dover sostituire una descrizione ancora più "astratta", in cui la fase complessa oscillante (l'"onda di probabilità") è associata a grandezze, come lo spin, senza un equivalente classico, come invece sono la posizione e il momento che caratterizzano l'usuale funzione d'onda.

La natura assolutamente nuova della probabilità che la meccanica quantistica è costretta ad introdurre si rende evidente nella differenza fra una miscela statistica, corrispondente al concetto classico di probabilità, e una sovrapposizione coerente. Uno degli effetti più famosi che questo nuovo concetto di probabilità racchiude è dato dal cosiddetto principio di indeterminazione di Heisenberg: esistono coppie di variabili (dette tra loro non compatibili), come posizione e impulso di una particella, il cui valore non può essere neanche in linea di principio conosciuto simultaneamente con precisione arbitraria, indipendentemente dall'accuratezza sperimentale con cui vengono effettuate le misure. In generale, le coppie di grandezze che in meccanica quantistica risultano non compatibili corrispondono proprio alle coppie di variabili coniugate che in meccanica classica permettevano di predire, attraverso le equazioni del moto, lo stato futuro del sistema con precisione arbitraria. Il carattere probabilistico della meccanica quantistica, cioè, permea questa nuova teoria sin dalle sue fondamenta.

La meccanica quantistica elimina anche la distinzione tra particelle e onde che aveva caratterizzato la fisica del XIX secolo. Da un lato, infatti, l'evoluzione temporale di un sistema quantistico è un'evoluzione deterministica con fasi oscillanti — il carattere ondulatorio — di una distribuzione di probabilità; dall'altro, la risposta alla misura di un'osservabile per un sistema quantistico si presenta in maniera discreta — il carattere corpuscolare. Così, ad esempio, l'evoluzione temporale non solo di un fascio luminoso ma anche di un fascio di elettroni, o addirittura di un solo elettrone, presenta le caratteristiche tipiche delle onde (fenomeni di interferenza e diffrazione). Ma allo stesso tempo, all'atto della misura di grandezze estensive non si ottiene un flusso continuo bensì una sequenza di quanti (dal latino quantum, quantità, da cui il nome della teoria), sia per gli elettroni, che non risultano dunque diffusi in tutto lo spazio come la propria distribuzione di probabilità ondulatoria, e sia per i fotoni, i quanti del fascio luminoso.

A questa doppia natura ci si riferisce con l'espressione dualismo onda-corpuscolo, termine tutt'ora connotato di quel senso di paradosso con cui era stato coniato prima della formulazione completa della meccanica quantistica, in cui i due aspetti sembravano essere in irriducibile contraddizione fra loro.


Storia

Il crollo della meccanica classica
All'inizio del XX secolo furono elaborate alcune teorie euristiche, che ricorrevano a postulati arbitrari, non deducibili a partire dai postulati della meccanica classica [8]. Allo sviluppo di questo corpo di regole formali, indicato con l'espressione vecchia teoria dei quanti (in inglese old quantum theory), contribuirono principalmente Max Planck, Niels Bohr, Albert Einstein, Peter Debye e Arnold Sommerfeld.


Meccanica ondulatoria e meccanica delle matrici
Nel 1925-1926, Werner Heisenberg e Erwin Schrödinger svilupparono rispettivamente la meccanica delle matrici e la meccanica ondulatoria, due formulazioni differenti della meccanica quantistica. Nella seconda metà degli anni venti, la teoria fu formalizzata, con l'adozione di postulati fondamentali, da Paul Adrien Maurice Dirac, John Von Neumann e Hermann Weyl.


Integrale sui cammini
Una rappresentazione ancora differente, nota con il nome di integrale sui cammini, che riprende ed estende alcuni concetti classici, fu sviluppata nel 1948 da Richard Feynman, dopo che tecniche simili furono usate, per esempio, per studiare il moto browniano oppure altri problemi di diffusione. Con questo metodo il moto di una particella si studia valutando una certa grandezza complessa legata all'azione su tutte le possibili traiettorie che questa può seguire e sommandole assieme: così facendo si può calcolare la probabilità che la particella, dopo un tempo assegnato, si sia spostata in una certa posizione. Questo metodo fornisce anche un mezzo molto immediato per ricavare il principio di minima azione: le traiettorie "classiche", infatti, sono quelle che effettivamente si sommano, mentre le altre interferiscono distruttivamente e si elidono.


Descrizione della teoria
In meccanica classica, lo stato di una particella viene definito attraverso il valore esatto delle due quantità osservabili posizione e impulso (variabili canoniche); in meccanica quantistica, invece, lo stato di una particella è descritto (nella rappresentazione di Schroedinger) da una funzione d'onda. Essa non ha un proprio significato fisico, mentre lo ha il suo modulo quadro, che fornisce la distribuzione di probabilità della osservabile posizione: per ogni punto dello spazio, assegna la probabilità di trovare la particella in quel punto, quando si misura la sua posizione. Il significato di questa probabilità può essere interpretato come segue: avendo a disposizione infiniti sistemi identici, effettuando la stessa misura su tutti i sistemi contemporaneamente, la distribuzione dei valori ottenuti è proprio il modulo quadro della funzione d'onda. Similmente, il modulo quadro della trasformata di Fourier della funzione d'onda fornisce la distribuzione di probabilità dell'impulso della particella stessa.

In generale, la teoria quantistica dà informazioni sulle probabilità di ottenere un dato valore quando si misura una quantità osservabile (a volte, si può ottenere un preciso valore con la probabilità del 100%). Per le proprietà della trasformata di Fourier, tanto più la distribuzione di probabilità della posizione di una particella è concentrata (la particella quantistica è ben localizzata), tanto più la distribuzione degli impulsi si allarga, e viceversa. Si tratta di una manifestazione del principio di indeterminazione di Heisenberg: è impossibile costruire una funzione d'onda arbitrariamente ben localizzata sia in posizione che in impulso.

La funzione d'onda che descrive lo stato del sistema può cambiare al passare del tempo. Ad esempio, una particella che si muove in uno spazio vuoto è descritta da una funzione d'onda costituita da un pacchetto d'onda centrato in una posizione media. Al passare del tempo il centro del pacchetto d'onda cambia, in modo che la particella può successivamente essere localizzata in una posizione differente. L'evoluzione temporale della funzione d'onda è descritta dall'Equazione di Schrödinger.

Alcune funzioni d'onda descrivono distribuzioni di probabilità che sono costanti nel tempo. Molti sistemi trattati in meccanica classica possono essere descritti da queste onde stazionarie. Ad esempio, un elettrone in un atomo non eccitato è descritto classicamente come una particella che ruota attorno al nucleo dell'atomo, mentre in Meccanica quantistica essa è descritta da un'onda stazionaria che presenta una determinata funzione di distribuzione dotata di simmetria sferica rispetto al nucleo. Questa intuizione è alla base del modello atomico di Bohr.

Benché la presenza di una funzione d'onda non permetta di prevedere a priori il risultato, ogni misura porta comunque ad ottenere un valore definito (e non per esempio ad un valore medio). Questo problema, che viene spesso chiamato problema della misura, ha dato vita ad uno dei più profondi e complessi dibattiti intellettuali della storia della scienza. Qui ci limiteremo a citare l'approccio standard relativo a questo problema, chiamato interpretazione di Copenaghen.

Secondo questa interpretazione, quando viene effettuata una misura di un'osservabile, la parte di funzione d'onda pertinente a quell'osservabile "collassa", (vedi collasso della funzione d'onda), portando ad una funzione d'onda che fornisce la massima probabilità (evento certo) al valore ottenuto in quella misura, che viene chiamata autofunzione dell'osservabile misurato. Questo è interpretato come evidenza del fatto che la misura perturba il sistema: una volta effettuata, il sistema si troverà certamente nello stato in cui l'ha lasciato lo strumento di misura (evoluzioni temporali a parte). Tale stato è chiamato anche autostato dell'osservabile misurata, in sintonia terminologica col fatto che nella formulazione assiomatica di Dirac-Von Neumann questo stato è rappresentato da un autovettore dell'operatore lineare autoaggiunto (sullo spazio di Hilbert dei vettori di stato) che si associa all'osservabile in questione (vedi più avanti).

Ad esempio consideriamo una particella che si muove liberamente nello spazio, con certe distribuzioni di probabilità per posizione e velocità e supponiamo di misurare la sua posizione, ottenendo un certo valore x. Allora, si può prevedere che una successiva misura di posizione (abbastanza vicina nel tempo) porterà certamente allo stesso risultato appena ottenuto: la funzione d'onda è collassata in un punto, fornendo a quel punto la probabilità certa.

Il collasso della funzione d'onda all'atto della misura non è descritto dall'equazione di Schrödinger, che stabilisce solo l'andamento dell'evoluzione temporale. Questa è, infatti, strettamente deterministica, in quanto è possibile prevedere la forma della funzione d'onda ad un qualsiasi istante successivo. La natura probabilistica della Meccanica quantistica si manifesta, invece, all'atto della misura.

Il principio di indeterminazione di Heisenberg porta inoltre al concetto di osservabili incompatibili: si tratta di coppie di osservabili in cui la conoscenza completa di una delle due porta alla completa mancanza di conoscenza sull'altra. Nel caso precedente, una misura di posizione porta alla completa ignoranza sulla velocità. Allo stesso modo sono incompatibili l'energia e l'intervallo di tempo nel quale tale energia è scambiata. Detto in altre parole, il collasso della funzione d'onda associata ad un'osservabile, porta ad una funzione di distribuzione uniforme, su tutto il dominio di definizione, per l'osservabile ad essa coniugata.

Altre interpretazioni della Meccanica quantistica, diverse dall'interpretazione di Copenaghen, sono citate alla fine di questo articolo.


La struttura formale della Meccanica Quantistica è dovuta principalmente a Paul Adrien Maurice Dirac ed a John von Neumann. Da questa formulazione segue che i possibili stati cosiddetti "propri" di un sistema quantistico sono rappresentati da vettori unitari (ovvero di norma pari a 1) identificati a meno di una fase complessa (chiamati vettori di stato), che fanno parte di uno spazio di Hilbert complesso e separabile (chiamato spazio degli stati). Volendo includere anche i vettori di norma diversa da 1 dello spazio di Hilbert nell'identificazione coll'insieme degli stati quantistici, si afferma che ad ogni stato del sistema corrisponde un raggio dello spazio di Hilbert (cioè una ben precisa classe costituita da tutti i vettori che differiscono tra loro per un fattore complesso moltiplicativo). L'evoluzione di uno stato quantistico è descritta dall'equazione di Schrödinger, nella quale l'hamiltoniana, cioè l'operatore che corrisponde all'energia totale del sistema, riveste un ruolo centrale.

Ogni grandezza osservabile è rappresentata da un operatore autoaggiunto lineare che agisce sullo spazio degli stati. Ogni autostato di un osservabile corrisponde ad un preciso autovettore (normalizzato) dell'operatore, e il suo autovalore corrisponde all'unico valore che pùo fornire la misura di quell'osservabile in quell'autostato. Se lo spettro dell'operatore è discreto si dice che l'osservabile può avere soltanto autovalori discreti. Durante una misurazione la probabilità che un sistema collassi nell'autovalore dell'osservabile misurata è data dal quadrato del valore assoluto del prodotto interno tra il vettore di stato prima della misurazione e il vettore corrispondente a quel dato autovalore del quale vogliamo conoscere la probabilità di presentarsi.


Estensioni della meccanica quantistica
La formulazione originaria non è compatibile con la teoria della relatività di Einstein, tuttavia i principi della Meccanica Quantistica possono essere reinterpretati entro il quadro della relatività ristretta, ottenendo la teoria quantistica dei campi.

La teoria quantistica di campo che tratta le interazioni elettromagnetiche è l'elettrodinamica quantistica (abbrev.: QED) che è, in linea di principio, capace di spiegare sia le interazioni chimiche che l'interazione tra la materia e la radiazione.

La teoria quantistica delle interazioni forti ha il nome di cromodinamica quantistica (QCD), la quale si occupa delle interazioni subnucleari: quark e gluoni.

Inoltre le forze elettromagnetiche e la forza nucleare debole possono essere unificate, nella loro forma quantizzata, in una singola teoria quantistica di campo: la teoria elettrodebole.

L'unificazione della Meccanica Quantistica con la gravità, e dunque con la teoria della relatività generale, che porterebbe alla Teoria del Tutto o GUT, ha eluso finora gli sforzi dei ricercatori.

Un filone relativamente nuovo di ricerca per conciliare gravità e MQ è la gravitazione quantistica a loop, in inglese Loop Quantum Gravity (LQG).


Applicazioni
Una buona parte delle tecnologie moderne sono basate, per il loro funzionamento, sulla Meccanica Quantistica. Ad esempio il laser, il microscopio elettronico e la risonanza magnetica nucleare. Inoltre, molti calcoli di chimica computazionale si basano su questa teoria.

Molti dei fenomeni studiati in struttura della materia sono quanto-meccanici, e non possono trovare un modello soddisfacente nella fisica classica. Tra questi fenomeni citiamo la superconduttività e la semiconduttività. Lo studio dei semiconduttori ha portato all'invenzione dei diodi e dei transistor, che sono indispensabili per l'elettronica moderna.

Le ricerche più innovative sono, attualmente, quelle che studiano metodi per manipolare direttamente gli stati quantistici. Molti sforzi sono stati fatti per sviluppare una crittografia quantistica, che garantirebbe una trasmissione sicurissima dell'informazione in quanto l'informazione non potrebbe essere intercettata senza essere modificata. Un'altra meta che si cerca di raggiungere, anche se con più difficoltà, è lo sviluppo di computer quantistici, basati sul calcolo quantistico che li porterebbe ad eseguire operazioni computazionali con molta più efficienza dei computer classici. Inoltre, nel 2001 è stato realizzato un nottolino quantistico funzionante, versione quantistica del nottolino browniano.


Dibattito filosofico
Per approfondire, vedi la voce Interpretazione della meccanica quantistica.
Il celeberrimo paradosso del gatto di Schrödinger con illustrazione schematica del gatto in sovrapposizione tra gli stati "gatto vivo" e "gatto morto".Sin dall'inizio i concetti estremamente controintuitivi della Meccanica Quantistica hanno dato vita a complessi dibattiti filosofici. Esistono diverse "interpretazioni" della Meccanica Quantistica che cercano, in modi diversi, di gettare un ponte tra il modo in cui il formalismo della teoria sembra descrivere il mondo fisico e il comportamento "classico" che esso esibisce a livello macroscopico. Che questo sopra enunciato sia, effettivamente, un problema (concettuale e formale), venne messo in luce già nel 1935 quando Erwin Schrödinger ideò l'omonimo paradosso del gatto. Molto si è discusso, inoltre, su una peculiarità molto affascinante della teoria: la Meccanica Quantistica sembrerebbe essere non-locale. Questa caratteristica è stata messa in luce a partire da un altro famoso "paradosso", quello ideato da Albert Einstein, Podolsky e Rosen, sempre nel 1935, e che prende nome di paradosso EPR dalle iniziali dei tre fisici.

Le interpretazioni della Meccanica quantistica sono, in altre parole, dei tentativi di risolvere problemi come quello della misurazione, specificando al contempo una ontologia per la Meccanica Quantistica che tratti in qualche maniera il problema della non-località.

L'interpretazione di Copenaghen è la più conosciuta e famosa delle interpretazioni in Meccanica Quantistica, viene denominata, per questo, "interpretazione standard" e la sua formulazione è stata incorporata anche nei postulati della teoria (vedi postulati della meccanica quantistica). Questa interpretazione è dovuta alla congiunzione di diverse riflessioni filosofiche, portate avanti da famosi fisici, tutti collegati, per diversi motivi, alla città di Copenaghen. I più importanti dei quali sono: Niels Bohr, Heisenberg, Max Born, Pascual Jordan e Wolfgang Pauli. D'altra parte l'interpretazione di Copenaghen non è stata mai enunciata, nella forma odierna, da nessuno di questi fisici, anche se le loro speculazioni hanno diversi tratti in comune con essa. In particolare, la visione di Bohr è molto più elaborata dell'interpretazione di Copenaghen, e potrebbe anche essere considerata separatamente come interpretazione della complementarità in Meccanica Quantistica, per la quale si rinvia alla voce ad essa dedicata.

Albert Einstein, pur avendo contribuito alla nascita della Meccanica Quantistica, criticò sempre la teoria dal punto di vista concettuale. Per Einstein era inconcepibile che una teoria fisica potesse essere valida e completa pur descrivendo una realtà in cui esistono delle mere probabilità di osservare alcuni eventi e in cui queste probabilità non sono statistiche ma ontologiche. Le critiche di Einstein si riferiscono alla Meccanica Quantistica nella "interpretazione" di Bohr e della scuola di Copenaghen (all'epoca non c'erano altre interpretazioni altrettanto apprezzate), ed è in questo contesto che va "letto" il suo "paradosso EPR".

Einstein non accettava inoltre l'assunto della teoria in base al quale qualcosa esiste solo se viene osservato. Einstein sosteneva che la realtà (fatta di materia, radiazione, ecc...) sia un elemento oggettivo, che esiste indipendentemente dalla presenza o meno di un osservatore e indipendentemente dalle interazioni che può avere con altra materia o radiazione. Bohr al contrario sosteneva che la realtà (dal punto di vista del fisico, chiaramente) esiste o si manifesta solo nel momento in cui viene osservata anche perché, faceva notare, non esiste neanche in linea di principio un metodo atto a stabilire se qualcosa esiste mentre non viene osservato. È rimasta famosa, tra i lunghi e accesi dibattiti che videro protagonisti proprio Einstein e Bohr, la domanda di Einstein rivolta proprio a Bohr "Allora lei sostiene che la luna non esiste quando nessuno la osserva?". Bohr rispose che la domanda non poteva essere posta perché concettualmente priva di risposta.

L'Interpretazione a Molti Mondi sostiene invece che ad ogni atto di misurazione corrisponde lo scindersi (ing: splitting) del nostro universo in una miriade di universi paralleli, uno per ogni possibile risultato del processo di misurazione. Questa interpretazione nasce da un articolo del 1956 scritto da Hugh Everett III, tuttavia il modo abbastanza ambiguo in cui la teoria è stata esposta in questo articolo non lo rese famoso. Fu invece "riscoperto" negli anni '70 da De Witt e Graham che esposero la teoria in maniera più completa e formalmente soddisfacente.

Nonostante i suoi moltissimi successi la meccanica quantistica non può essere considerata una teoria definitiva. Alcuni limiti fondamentali della teoria, che erano già ben presenti agli stessi scienziati che la formularono, sono la sua incompatibilità con la teoria della relatività Einstainiana e la sua incapacità di descrivere sistemi dove il numero di particelle presenti vari nel tempo.

La teoria quantistica dei campi rappresenta un'estensione della meccanica quantistica che tiene conto degli effetti associati all'invarianza per trasformazioni di Lorentz proprie richiesta dalla relatività ristretta (tra i quali la non conservazione del numero di particelle) ma ancora non esiste una estensione della meccanica quantistica che tenga conto della relatività generale.

L'unificazione delle due teorie, la cosiddetta teoria quantistica della gravitazione è uno degli obiettivi più importanti per la fisica del XXI secolo. Ovviamente, viste le numerose conferme sperimentali delle due teorie, la teoria unificata dovrà includere le altre due come approssimazioni, quando le condizioni ricadono nell'uno o nell'altro caso.


Curiosità
Nel 1906 Joseph John Thomson ricevette il premio Nobel per aver identificato, durante i suoi studi sulla radioattività, la natura corpuscolare dei raggi beta (costituiti da elettroni). Nel 1937, 31 anni più tardi, suo figlio George Paget Thomson ricevette (condividendolo con Clinton Davisson) a sua volta il premio Nobel per avere dimostrato le proprietà ondulatorie dell'elettrone.
 
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